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Settore Giovanile – Triacca: “Grazie alla Cremo sono rinato”
Dall’edizione di sabato 22 febbraio de “Lo Sport Cremonese”
Daniele Triacca è uno dei veterani della Primavera, non solo per questioni anagrafiche (è nato il 13 maggio 2005) ma soprattutto a livello di presenze, oltre 80 negli ultimi tre anni. La sua avventura in grigiorosso è iniziata nel 2021 e nonostante provenga da Milano la strada che l’ha portato fino al Centro Sportivo “Giovanni Arvedi” è stata più lunga del previsto, con tanto di “Erasmus” in Sardegna, con il Cagliari, dove ha dovuto imparare velocemente cosa significa diventare grandi. Questa per lui è una stagione speciale: oltre a ricoprire il ruolo di leader e vice capitano della Primavera, infatti, ha lavorato spesso agli ordini di mister Stroppa ritrovandosi invece ad essere il più piccolo dello spogliatoio. Una bella opportunità che sta permettendo all’esterno di Rho di imparare tantissimo, anche fuori dal campo: al momento è al primo anno di Università in scienze motorie sportive legate al calcio.
Partiamo da qui. Come sta andando la tua carriera universitaria?
“Devo dire che i primi esami sono andati molto bene, io studio con piacere perché è un aspetto su cui la mia famiglia ha sempre insistito tanto. E poi è importante avere una seconda strada da costruire oltre alla carriera sportiva”.
Seguire un corso del genere ha un impatto positivo anche sulla tua carriera da atleta?
“Assolutamente sì: lo studio mi aiuta nel calcio e il calcio mi aiuta nello studio. A differenza delle scienze motorie classiche, in cui si approfondiscono tutti gli sport, le materie fanno riferimento ad esempi del mondo calcistico: mi è già capitato con gli esami di anatomia e metodologia dell’allenamento. In più alcune lezioni di psicologia mi hanno dato spunti importanti su cui riflettere che hanno trovato riscontro nella vita di spogliatoio: penso, ad esempio, al diverso modo in cui ognuno gestisce la competizione”.
Frequentando spesso il Centro Sportivo “Giovanni Arvedi” avrai avuto l’occasione di confrontarti anche con gli staff tecnici…
“Mi capita soprattutto con il preparatore atletico della prima squadra Fabio Allevi, che mi ha spiegato il micro ciclo e le routine settimanali con grande passione ed empatia, si vede che è un tema a cui tiene tanto. Poi tra i fisioterapisti c’è Carlo Bentivoglio, che è anche docente universitario e spesso scherza dicendo che mi vorrebbe come studente”.
Come nasce la tua passione per il calcio?
“Ho iniziato a giocare come attaccante, all’età di 5 anni, con il Mazzo di Rho, la squadra del mio quartiere. Dopo due anni sono passato all’Accademia Inter per giocare a centrocampo, ma davanti avevo uno come Alex Stankovic (figlio d’arte ancora oggi di proprietà dei nerazzurri, nda) e non giocavo un minuto, quindi sono arretrato in difesa. Poi mi sono trasferito al Renate, dove ad allenarmi nella Under 14 regionale c’era Silvio Tribuzio, ora alla Cremo come tecnico della Under 17. Lì ho vissuto due anni molto belli prima di ricevere la chiamata del Cagliari”.
A 14 anni ti ritrovi dall’altra parte d’Italia e in una realtà nuova. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta di vita?
“Avevo anche offerte più vicine a casa, ma a giudicare dai provini che avevo fatto pensavo che avrei potuto ritagliarmi dello spazio, i miei genitori mi hanno reputato pronto e io ero convinto. Non sono mancati i problemi, tra cui una questione legata al tesseramento che mi ha impedito di giocare per i primi cinque mesi. Questa esperienza però mi ha insegnato tantissimo, a livello umano ancora più che sportivo. Soprattutto nelle piccole cose, come la gestione dei propri risparmi: ricordo bene quando tornavo a casa e nel rivedere i miei coetanei realizzavo di essere più “maturo” sotto alcuni aspetti”.
La tua esperienza a Cagliari è coincisa con un periodo piuttosto complicato, quello della pandemia. Come l’hai vissuto?
“Con la prima ondata il convitto venne chiuso, gli aerei per Milano erano terminati e non avevo un posto dove stare. La famiglia di un compagno di squadra con cui avevo particolarmente legato offrì di ospitarmi nella loro casa di Castelsardo, nel nord della Sardegna: non è da tutti compiere un gesto del genere, soprattutto per un periodo così lungo. Mi hanno trattato come un figlio, senza mai pretendere nulla, e alla fine si è creato un rapporto meraviglioso che porto ancora nel cuore. Purtroppo negli anni successivi il padre è venuto a mancare e il mio compagno ha lasciato il calcio per aiutare la sua famiglia, ma ci tengo a raccontare questa storia perché era una persona eccezionale e a loro devo tanto. Li ringrazierò sempre per ciò che hanno fatto per me”.
L’avventura in rossoblù prosegue fino al 2021, con l’approdo alla Cremo e il riavvicinamento a casa…
“Nella seconda stagione a Cagliari sono stato fermo a causa di un infortunio, ma la Cremonese ha comunque deciso di puntare su di me dopo averci giocato contro da avversario. Per me è stato come risorgere dalle ceneri: mi hanno dato fiducia e io ho cercato di ricambiare dando sempre il massimo e sono riuscito ad affermarmi subito con la Under 17. Penso di dovere tanto a questa società e sono veramente felice di farne parte. In più ho avuto l’occasione di tornare a casa e rivedere i miei genitori e mio fratello tutti i giorni”.
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Essendo il tuo terzo anno di Primavera sei anche uno dei giocatori più esperti dello spogliatoio. Come si è evoluto il gruppo dal tuo arrivo?
“La prima stagione l’ho giocata sotto età e non nascondo che un po’ di soggezione nei confronti dei compagni di squadra più grandi c’era, com’è normale che sia. L’anno della promozione invece si è formato un gruppo bellissimo, umile e forte che si divertiva ogni volta che scendeva in campo. Ci sono tanti momenti che mi porterò sempre nel cuore”.
Ci fai un esempio?
“Il gol realizzato contro il Vicenza in una delle mie prime partite da quinto di centrocampo, segnato indossando la maglia numero 11 che avevo scelto in onore di Gigi Riva, scomparso pochi giorni prima. Ma soprattutto la vittoria decisiva per la promozione a Parma e i festeggiamenti al rientro, con tanti tifosi che ci hanno aspettato fuori dal centro sportivo. C’era un’atmosfera fantastica”.
Quest’anno vi state confrontando con un campionato superiore e siete in piena lotta per la salvezza…
“Nonostante io senta una maggiore responsabilità rispetto agli anni scorsi la sto vivendo bene. Abbiamo un obiettivo chiaro e ogni domenica troviamo sulla nostra strada avversari forti, ma io sono un tipo a cui piacciono le sfide: se il livello si alza cerco di alzarlo anche io, quindi lo trovo parecchio stimolante”.
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Oltre alla Primavera, in questa stagione sei stato spesso aggregato alla prima squadra a partire dal ritiro estivo. Come hai reagito alla convocazione?
“Ero in vacanza al mare con Giorgia, la mia ragazza, quando ho ricevuto il messaggio. Ero incredulo ma felicissimo, lei meno perché saremmo dovuti tornare prima (ride, nda). Ricordo bene quando mister Stroppa mi ha inserito nell’amichevole contro il Torino trovandomi davanti Lazaro: c’erano tanti tifosi sugli spalti ed ero particolarmente emozionato”.
La prima chiamata per il campionato invece è arrivata a settembre, per Cremonese-Spezia…
“Federico, il team manager, mi ha chiamato per dirmi che avrei dovuto scegliere il numero di maglia. Dopo essere passato dai magazzinieri per la stampa sono subito corso nello spogliatoio per avvisare mamma, papà, mio fratello e la mia ragazza, che erano felicissimi. Al termine della partita ho portato a casa la divisa e l’ho appesa in camera mia, a fianco di quella della vittoria della Primavera 2. Ma di spazio sulla parete ce n’è ancora…”.
Come vivi questa vicinanza ai ragazzi più grandi? C’è qualcuno con cui hai stretto un buon rapporto?
“Me la sto godendo al massimo e sto cercando di dare tutto in allenamento perché so che non c’è altra strada per raggiungere il mio obiettivo. Il solo fatto di lavorare con loro mi permette di sentirmi migliorato quando poi scendo in campo con la Primavera. Nello spogliatoio cerco di passare del tempo con tutti, ma Bianchetti è uno dei giocatori con cui parlo di più e da cui cerco di imparare. In generale mi trattano tutti molto bene e si vede che ci tengono, anche se a volte significa richiamarmi per far sì che tenga i piedi per terra. Ma ci sta, è giusto così”.
Al di là dello studio, come passi il tuo tempo fuori dal campo?
“Mi piace molto leggere: adesso, per esempio, sto leggendo un libro sugli All Blacks che mi sta insegnando moltissimo anche sotto l’aspetto psicologico. Per migliorare da questo punto di vista ho anche iniziato a lavorare con un mental coach che mi ha aiutato a svoltare dopo un periodo di blocco. Avere la mentalità giusta è un aspetto troppo importante nel mondo del calcio”.
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